Storia

Corona Virus. La quarantena cinese è etica ed efficace?

Il focolaio del famigerato Coronavirus all’apparenza originato nella megalopoli di Wuhan si sta pian piano diffondendo in altre parti della Cina ma anche in diversi altri paesi, trai quali gli Stati Uniti. Pare che solo nell’ultima settimana il virus abbia infettato più di 1.000 persone, causando almeno 41 morti in Cina. Le autorità cinesi hanno quindi disposto il blocco tutti i viaggi da e verso Wuhan e circa una dozzina di altre città, limitando i movimenti di circa 35 milioni di persone.

Queste restrizioni (che coincidono con le vacanze del Capodanno cinese, quando milioni di persone viaggiano di solito per visitare le loro famiglie) sono un tentativo di impedire che il virus si diffonda ulteriormente all’interno della Cina, dove la stragrande maggioranza dei casi è stata finora conclamata. Ma gli esperti sono divisi sul fatto che questo approccio sia efficace o giusto per i residenti delle città colpite.

«Per quanto ne so, impedire completamente i viaggi da un’area di quelle dimensioni è qualcosa che non ha precedenti”, afferma John Chandy, ex presidente della American Society of Tropical Medicine and Hygiene e professore di pediatria presso Università dell’Indiana. «Non ricordo che si sia mai imposto un blocco in un area di tali dimensioni»

Ma il blocco solleva problemi di natura etica in materia di diritti umani relative alla limitazione di un gruppo di persone che si trovano all’interno di un’area epidemica. Quelli che sono nell’area e che non sono malati, non potendo andarsene, potrebbero essere più esposti al virus. In più, secondi il New York Times gli ospedali di Wuhan non sono riusciti a gestire una situazione così complicata. Molta gente aspettava da tempo assistenza medica, e alcuni sono stati rimandati a casa senza una visita accurata. Molti negozi e mercati sono rimasti chiusi e la popolazione non ha avuto accesso a cibo fresco. Senza contare che in una città grande come Wuhan, che ha una popolazione di oltre 11 milioni, alcune persone potrebbero ancora trovare il modo di andarsene. Una volta arrivati a destinazione, potrebbero non voler dire agli altri da dove essi vengono, il che potrebbe rendere più difficile la ricerca di potenziali infezioni.

D’altra parte, continua Chandy, «il blocco dei viaggi potrebbe essere un modo efficace per contenere l’epidemia in un’area, soprattutto perché Wuhan è un importante snodo per i trasporti e i viaggi in Cina». «Bloccare gli arrivi e le partenze riduce il rischio che i residenti di Wuhan o delle città vicine possano portare il virus altrove e rende meno probabile che le persone in arrivo siano contagiate dal virus e che lo diffondano quando tornano a casa. Secondo John Chandy si sarebbe dovuto attuare qualcosa di meno drastico come limitare gli spostamenti delle persone con i sintomi dell’infezione.

Altri esperti si sono espressi invece favorevolmente alla quarantena cinese. Arthur Caplan, bioeticista della Grossman School of Medicine della New York University si dice d’accordo con il governo della Cina. «Non sappiamo ancora se si tratti di un rischio grande o piccolo. Qui c’è in ballo una mutazione di un virus che può essere trasmessa da persona a persona e che causa la morte per polmonite. Inoltre nessuno ha mai detto di rimanere incatenati nei propri appartamenti. Si tratta di una città di undici milioni di abitanti. Non credo sia una limitazione così invalidante. Si tratta di sana e giusta prudenza».

Ma mettere in quarantena un’intera grande città non qualcosa che funzionerebbe in molti altri luoghi. «Non si riuscirebbe mai a mettere in quarantena New York, ad esempio» afferma Caplan. « le autorità statunitensi non hanno nemmeno potuto applicare efficacemente una quarantena imposta a un’infermiera che è tornata negli USA dopo aver curato i pazienti con Ebola in Sierra Leone nel 2014». Secondo Caplan si tratterebbe quindi di una “questione di cultura”.