Scienza & Natura

La Sacra Sindone di Torino è una “fotografia” di Gesù?

la Sindone Di Torino Gesù

I ricercatori hanno appeso degli uomini su una croce e hanno aggiunto sangue nel tentativo di dimostrare che la Sindone di Torino è reale.

Nel tentativo di dimostrare che la Sindone di Torino, sia è reale, i ricercatori hanno legato volontari a una croce e li hanno inzuppati di sangue.

La maggior parte degli scienziati tradizionali, comunque, concorda sul fatto che la Sindone sia un falso creato attorno al XIV secolo.

Le finte crocifissioni sono le ricostruzioni più affidabili della morte di Gesù, suggeriscono i ricercatori. Speciali meccanismi di aggancio ai polsi e ai piedi sospendono in modo sicuro e realistico soggetti maschi su una croce a grandezza naturale.

Per ricostruire la scena, i ricercatori hanno usato l’immagine impressa sulla sindone per elaborare la meccanica della crocifissione, ad esempio dove venivano posizionati i chiodi.

I ricercatori hanno scelto cura i soggetti dell’esperimento per essere il più simili possibili alla fisiologia rappresentata dalle impronte frontali e dorsali visibili sulla Sindone di Torino.

Personale medico ha partecipato alla simulazione non solo a garantire la sicurezza medica dei soggetti interessati ma anche a contribuire al protocollo e alle analisi sperimentali.

I ricercatori hanno quindi applicato il sangue e “documentato e analizzato” gli schemi di flusso risultanti sui soggetti crocifissi.

Lo studio sfida una precedente analisi sul modo in cui il sangue fuoriuscito durante una crocifissione avrebbe macchiato un corpo avvolto. Quella precedente ricerca, presentata alla riunione AAFS del 2014 e pubblicata lo scorso anno sul Journal of Forensic Sciences, suggeriva che chiunque avesse prodotto le macchie sulla Sindone, credeva che le persone fossero crocifisse con le mani incrociate sopra la testa, cosa che gli storici hanno contestato.

Perché la Sindone continua ad eludere la scienza?

Il rettangolo di lino, come la Sindone di Torino è una delle reliquie più sacre sulla faccia della Terra, venerata da milioni di cristiani che lo ritengono il vero lenzuolo funebre di Gesù Cristo.

Nel corso dei 117 anni che sono trascorsi da quando un negativo fotografico del lenzuolo ha rivelato inaspettatamente l’immagine di un corpo torturato, ranghi di fisici e chimici hanno ipotizzato l’età del tessuto e la composizione dell’immagine.

Patologi forensi, microbiologi e botanici hanno analizzato le sue macchie di sangue, insieme a macchie di sporco e polline sulla sua superficie. Gli statistici hanno prodotto montagne di dati.

Il risultato della somma di queste ricerche è una situazione di stallo, con i ricercatori che non sono in grado di fornire prove certe che il sudario sia un un falso, ne, tuttavia di dimostrarne l’autenticità.

«È improbabile che la scienza riesca mai a fornire una soluzione finale ai numerosi enigmi posti dalla Sindone», ha detto il fisico italiano Paolo Di Lazzaro, uno dei maggiori esperti del Santo Sudario. «È necessario affidarsi alla fede laddove la scienza non riesca a fornire risposte».

La documentazione scientifica

La Sacra Sindone di Torino
La Sacra Sindone di Torino

L’indagine scientifica sulla Sindone iniziò nel 1898, con l’immagine sorprendente catturata dal fotografo amatoriale italiano Secondo Pia. In condizioni normali, sul tessuto appare solo la vaga figura dai contorni sfocati e color seppia di un corpo umano.

Ma quando Pia esaminò il negativo negativo della sua lastra fotografica nella camera oscura, scoprì la somiglianza dettagliata di un uomo barbuto con ferite visibili sul corpo.

Per sette decenni, i ricercatori hanno condotto analisi indirette sulla figura, la maggior parte volte per determinare se fosse stata dipinta sul lino o prodotta attraverso il contatto con un cadavere.

Solo nel 1969 gli scienziati ebbero autorizzazione ad esaminare direttamente il tessuto, con il compito di consigliare tecniche di conservazione e test futuri da eseguire sulla Sindone.

Ciò ha posto le basi per l’istituzione del Progetto di ricerca sulla Sindone di Torino (STURP), guidato dagli Stati Uniti, a cui furono concessi cinque giorni di accesso continuo alla Sindone stessa nel 1978.

Non era mai stato permesso a nessuno di stare per così tanto tempo a contatto con la Sacra Reliquia.

I 33 membri del progetto, i più importanti scienziati di 20 eminenti istituti di ricerca, arrivarono a Torino con sette tonnellate di attrezzature e lavorarono a turni 24 ore al giorno.

Le loro analisi non hanno trovato alcun segno di pigmenti artificiali.

“L’immagine della Sindone è quella di una vera forma umana di un uomo flagellato e crocifisso. Non è il prodotto di un artista”, ha dichiarato il rapporto del progetto del 1981.

“Le macchie di sangue sono composte da emoglobina e forniscono anche un test positivo per l’albumina sierica.”

Ma il rapporto ha anche ammesso che nessuna combinazione di “circostanze fisiche, chimiche, biologiche o mediche” potrebbe giustificare adeguatamente la presenza dell’immagine.

La Sindone di Torino, concluse il team STURP, “rimane ora, come in passato, un mistero“.

Una “Bomba” al Carbonio-14

Il  volto della Sindone di Torino
Era questo il volto di Gesù?

Nel 1988 il Vaticano autorizzò un esame al Carbonio-14 per la datazione della Sindone.

Piccoli campioni presi da un angolo della stoffa furono inviati ai laboratori del Radiocarbon Accelerator Unit dell’Università di Oxford, dell’Università dell’Arizona e dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia.

Tutti hanno rilevato che il sudario risaliva ad un periodo compreso tra il 1260 e il 1390, più di un millennio dopo la morte di Gesù.

I laboratori hanno valutato l’affidabilità della loro stima al 95 percento. Ad avvalorare lo studio dei laboratori, il fatto che le date riscontrate erano coerenti con la prima apparizione documentata della Sindone di Torino nel 1353.

Passò poco tempo dalla pubblicazione dei risultati della datazione al carbonio-14 da che cominciarono le critiche.

Tra le critiche più innovative ci sono quelle pubblicate nel 2010 dagli statistici Marco Riani, dell’Università di Parma in Italia, e Anthony Atkinson, della London School of Economics.

Qualche dubbio sul carbonio 14 …

In una recente intervista con il National Geographic, gli studiosi hanno notato che i laboratori che hanno condotto i test del carbonio-14 erano in pieno accordo nel datare un tessuto di controllo proveniente da un’antica mummia egizia, una tomba nubiana medievale e da un abito ecclesiastico francese medievale.

Tuttavia, i dati grezzi ricavati degli stessi laboratori sulla Sindone presentavano risultati che differivano tra di loro di oltre 150 anni.

Come mai per le datazioni di controllo c’era congruenza tra i laboratori mentre per quanto riguarda la Sindone c’era una forbice piuttosto ampia nel valutarne l’età?

«In più», sostengo Marco Riani e Anthony Atkinson, «la datazione che proviene da un pezzo sul bordo superiore di un campione non tagliato, è molto diversa dalla data che proviene da un pezzo preso dal bordo inferiore», spiega Riani.

Insomma i due scienziati sostengono che, sebbene le loro ricerche non dimostrino che la Sindone abbia 2.000 anni, quantomeno sollevano dubbi sul fatto che sia di epoca Medioevale.

Il laboratorio di Oxford, dal canto suo, insiste sul fatto che le conclusioni del 1988 fossero accurate e respinge tutte le obiezioni secondo le quali i campioni del test erano difettosi.

La “domanda regina”

Ma indipendentemente dall’età del sudario rimane una domanda importantissima: Cosa e come ha impresso l’immagine?

Ogni tentativo scientifico di replicarlo in un laboratorio è fallito.

La sua tonalità precisa è molto insolita e la penetrazione del colore nel tessuto è estremamente superficiale, meno di 0,7 micrometri (0,000028 pollici), un trentesimo del diametro di una singola fibra in un singolo filo di lino da 200 fibre.

Di Lazzaro e i suoi colleghi dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) hanno condotto cinque anni di esperimenti, utilizzando laser ad eccimeri all’avanguardia per indrizzare brevi lampi di luce ultravioletta su lino grezzo, nel tentativo di simulare la colorazione dell’immagine.

Il team ENEA, che ha pubblicato le sue scoperte nel 2011, si è avvicinato in maniera soddisfacente a riprodurre la tonalità distintiva dell’immagine su pochi centimetri quadrati di tessuto.

Non sono stati in grado tuttavia, di eguagliare tutte le caratteristiche fisiche e chimiche dell’immagine della Sindone. Né potevano riprodurre un’intera figura umana.

L’impresa richiederebbe “impulsi con durate inferiori ai quaranta miliardesimi di secondo e di intensità dell’ordine di diversi miliardi di watt” sostiene Di Lazzaro che poi domanda:

«Se le tecnologie più avanzate disponibili nel XXI secolo non sono in grado di produrre un facsimile dell’immagine del sudario, come avrebbe fatto un ipotetico falsario medievale?»

Per i credenti, c’è la tesi della radiazione emanata da una “luce divina” che avrebbe impresso la sagoma di Gesù Cristo sul sudario.

«Si potrebbero prendere in considerazioni ipotesi che scadono al di fuori del regno della scienza, una sorta di miracolo», afferma Di Lazzaro. «Ma un miracolo non può essere studiato con il metodo scientifico»

Le moderne tecniche forensi

“Il Sacro Sudario”. Giovan Battista Della Rovre (1580-1627 circa)

L’antropologo forense Matteo Borrini e il professore di chimica Luigi Garlaschelli hanno usato una “cavia umana” per studiare come il sangue della crocifissione e della lancia che ha trafitto Gesù sarebbe fluito sul suo sudario.

Usando sia sangue umano che sintetico, non sono stati in grado di trovare una posizione in cui il sangue scorreva su tessuti tanto da ricreare la macchia sulla Sindone di Torino.

«Se si guardano le macchie di sangue nel loro insieme, proprio si fa lavorando sulla scena di un crimine crimine, ci si rende conto che le macchie si contraddicono a vicenda», ha detto a Live Science Borrini, professore alla Liverpool John Moores University in Inghilterra. «Ciò sta ad indicare che l’origine di queste macchie sia artificiale»

Garlaschelli, coautore del recente studio forense che lavora all’Università di Pavia in Italia, ha pubblicato ricerche sulla Sindone di Torino.

Nel 2009, ha creato una copia del sudario per confutare le affermazioni che “ha alcune strane proprietà e caratteristiche che si dice non possano essere riprodotte da mani umane”, ha detto alla CNN in quel momento.

Non conosciamo la “scena del delitto”

A rompere le uova nel paniere alla coppia ci pensa Victor Weedn, professore di scienze forensi alla George Washington University di Washington, DC.

«Non abbiamo abbastanza conoscenze dei fatti», dice, «Non sappiamo se questo tessuto è stato posato direttamente nella tomba o se è stato avvolto prima intorno al corpo e poi spostato prima di essere collocato in un luogo particolare»

Il contesto storico

I riferimenti a varie “immagini divine” di Cristo, alcune esplicitamente descritte come lenzuoli sepolcrali, risalgono a 15 secoli fa, ma non è chiaro una di quest sia poi diventata la Sindone di Torino.

La storia si fa è più chiara dopo il 1353, quando un cavaliere francese, Geoffroi de Charny, si impadronì del sudario e lo depositò in un monastero a Lirey, in Francia, a 130 miglia a est di Parigi.

All’inizio del XVI secolo, fu spostato nella città di Chambéry, dove un incendio nel 1532 gli arrecò seri danni, lasciando segni di bruciature e macchie d’acqua ancora visibili.

Il suo proprietario era allora l’aristocratica casa Savoia.

Nel 1578 i Savoia trasferirono la Sindone nella loro capitale, Torino. Da allora è stato lì, ospitato nella cappella reale della Cattedrale di San Giovanni Battista. Nel 1983, è stato legalmente donata alla Chiesa cattolica.

Il Vaticano non prende posizione ufficiale sull’autenticità della Sindone, sebbene incoraggi i fedeli a venerarla come simbolo della sofferenza di Cristo. Come ha affermato Papa Giovanni Paolo II nel 1998, “La Chiesa affida agli scienziati il ​​compito di continuare a indagare“.

La Sindone … in streaming

Potrete seguire l’ostensione virtuale della Sacra Sindone di Torino proprio qui, su PareStrano!