Storia

Quando le canzoni ancora sfumavano nel finale

Dissolvenza ed immortalità

David Huron, della School of Music and Center for Cognitive and Brain Sciences della Ohio State University, ha trovato una sua interpretazione: «Con una dissolvenza, la musica riesce a ritardare la chiusura indefinitamente. Anziché ascoltare finale definitivo, ci si proietta verso l’infinito». Questa idea di Huron avrebbe addirittura un supporto scientifico.

I ricercatori del laboratorio musicale dell’Università di Musica di Hannover, in Germania, hanno recentemente invitato gli studenti di musica a battere il ritmo di diverse versioni della stessa canzone. Una versione aveva una dissolvenza, l’altra un finale freddo.

Ascoltando la versione con il finale freddo, gli studenti hanno smesso di tenere il tempo in media 1,4 secondi prima della fine della canzone. Ascoltando la versione con dissolvenza, tuttavia, hanno continuato per 1,04 secondi dopo la fine della canzone. «Ciò suggerisce che la dissolvenza consente a una canzone di vivere oltre il suo sé fisico. L’ascoltatore ha l’impressione che il brano non finisca mai veramente» afferma Huron. «La dissolvenza ci offre speranza di fronte alla morte e un senso di infinito. Forse è una fuga dal mondo fisico o un desiderio agrodolce per tutto ciò che non si potrà sapere».

Ma se è così portentosa e magica,

Come mai la dissolvenza è caduta in disuso?

Ebbene, sei arrivato fino in fondo per avere una risposta … ma una risposta non c’è. Si possono avanzare solo delle ipotesi. Probabilmente l’avanzamento tecnologico ha permesso ai produttori di correggere piccoli errori direttamente in digitale senza dover mascherare qualche imperfezione del finale in una dissolvenza. Oppure, proprio così come negli anni cambiano ad esempio i modi di vestire, per un capriccio della “coscienza collettiva” il gusto della gente è migrato verso “chiusure secche” del brano.