Salute e Corpo

Influenza: Perché ci si ammala in inverno

Anche il famigerato coronavirus risponderà alle leggi della classica influenza stagionale? Non è ancora chiaro, ma tutti lo sperano.

Prima di tutto, bisogna capire cos’è l’influenza. L’influenza, è una malattia respiratoria causata da virus. Un virus è un agente infettivo microscopico che invade le cellule del corpo facendoci ammalare.

L’influenza è spesso confusa con il raffreddore comune, a causa della somiglianza dei sintomi, che solitamente sono tosse, mal di gola e naso chiuso. Tuttavia, i sintomi influenzali comprendono anche febbre, sudorazione fredda, dolori articolari, mal di testa, stanchezza e persino alcuni sintomi gastrointestinali, come vomito e diarrea.

L’influenza è altamente contagiosa. Gli adulti sono in grado di diffondere il virus fino a un giorno prima della comparsa dei sintomi e fino a sette giorni dopo l’inizio dei sintomi. L’influenza si diffonde in genere attraverso la tosse e gli starnuti di una persona infetta. L’influenza è più grave per gli anziani, e per tutte le persone che hanno, per qualche ragione, un sistema immunitario indebolito.

L’influenza stagionale

L’ influenza stagionale comincia a dare chiari segni di vita verso dicembre e raggiunge generalmente il suo picco intorno a febbraio per terminare a marzo. Nell’emisfero meridionale, tuttavia, dove l’inverno arriva durante i nostri mesi estivi, la stagione influenzale cade tra giugno e settembre. In altre parole, ovunque ci sia inverno, c’è l’influenza.

Un malinteso comune è che l’influenza sia causata soltanto da basse temperature. Secondo alcuni, le temperature fredde non bastano a rendere l’influenza più comune in inverno. Al freddo vanno aggiunti infatti la mancanza luce solare e i diversi stili di vita che le persone conducono nei mesi invernali. Ecco quindi le teorie più popolari sul perché l’influenza colpisce in inverno:

1) Durante l’inverno, le persone trascorrono più tempo al chiuso con le finestre sigillate, quindi hanno maggiori probabilità di respirare la stessa aria di qualcuno che ha l’influenza e quindi, di contrarre il virus.

2) I giorni sono più brevi durante l’inverno e la mancanza di luce solare porta a bassi livelli di vitamina D e melatonina, che richiedono entrambi luce solare per la loro generazione. Ciò compromette il nostro sistema immunitario, che a sua volta riduce la capacità di combattere il virus.

3) Il virus dell’influenza può sopravvivere meglio nei climi più freddi e asciutti e quindi hanno la possibilità di infettare più persone.

All’influenza piacciono i climi freddi e secchi.

Per molti anni, è stato impossibile verificare queste ipotesi, dal momento che la maggior parte degli animali da laboratorio non raccoglie l’influenza come fanno gli umani, e l’utilizzo degli umani come soggetti di prova per questo genere di cose è generalmente disapprovato.

Intorno al 2007, tuttavia, il ricercatore Peter Palese trovò un vecchio trattato pubblicato dopo la pandemia di influenza del 1918. In questo articolo si affermava che all’arrivo del virus dell’influenza a Camp Cody nel New Mexico, dei porcellini d’India in un laboratorio di ricerca hanno cominciato ad ammalarsi e morire. Palese ha provato a infettare alcuni di questi animaletti con il virus dell’influenza e le cavie si sono ammalate. È importante sottolineare che non solo queste cavie presentavano sintomi influenzali quando venivano inoculate da Palese, ma il virus veniva trasmesso da una cavia a un’altra.

I Porcellini d'India hanno avuto la loro parte da protagonisti nello studio delle influenze stagionali
I Porcellini d’India hanno avuto la loro parte da protagonisti nello studio delle influenze stagionali

Ora finalmente era possibile condurre esperimenti su esseri viventi per testare l’influenza stagionale. Per capire se il virus dell’influenza si trasmette meglio in climi freddi, Palese infettò alcuni porcellini, collocandoli in una gabbia adiacente ad un’altra contenente cavie non infette, per consentire al virus di diffondersi da una gabbia all’altra. Le due gabbie mantenute a temperature che variavano dai 5°C F ai 20°C fino ad arrivare ai 30°C con tassi di umidità tra il 20% e l’80%. Palese notò che il virus si trasmetteva meglio a basse temperature e bassa umidità rispetto alle alte temperature e alta umidità.

Tuttavia, l’esperimento di Palese non spiega il perché il virus fosse trasmesso meglio a temperature più fredde e bassa umidità. Palese ha in seguito testato il sistema immunitario degli animali per cercare di capire senza successo se il sistema immunitario funzionasse peggio in situazioni di basse temperature e bassa umidità.

Un documento degli anni ’60 prova fornire una spiegazione alternativa. Lo studio ha testato il tempo di sopravvivenza di diversi virus (ovvero la quantità di tempo in cui il virus rimane vitale e in grado di causare malattie) a temperature e livelli di umidità contrastanti. I risultati dello studio suggeriscono che l’influenza sopravvive effettivamente più a lungo a bassa umidità e basse temperature.

A 6°C, con umidità molto bassa, la maggior parte del virus è stata in grado di sopravvivere per più di 23 ore, mentre a un’umidità elevata e ad una temperatura di 32°C, la sopravvivenza si riduceva a un’ora.

I dati di questi studi sono supportati da un terzo studio che riporta un numero maggiore di infezioni influenzali il mese successivo ad un periodo con clima molto secco.

Nelle zone con climi costantemente caldi, stranamente, i tassi di infezione influenzale sono strettamente correlati con l’umidità elevata e molta pioggia. Sfortunatamente, non sono state condotte molte ricerche per spiegare questi risultati contraddittori, quindi non è chiaro perché l’influenza si comporti in modo così diverso in ambienti disparati.

Tuttavia, almeno nelle regioni che hanno una stagione invernale, il virus dell’influenza sopravvive più a lungo nell’aria fredda e secca, quindi ha una maggiore possibilità di infettare un’altra persona.